AgCult, 20/10/2020
Volontariato, Anai: definirne i limiti per evitare mascheramenti di lavoro sottopagato
L’Associazione degli archivisti riconosce comunque “il fondamentale ruolo del volontariato in tutti i campi della società civile”
Definire e regolamentare i limiti del volontariato all’interno degli archivi affinché l’uso non sia pretesto di mascheramento di forme di lavoro sottopagate e concorrenza sleale. Lo chiede l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (Anai) nel corso di un’audizione al Senato di fronte alla Commissione Cultura nell’ambito dell’indagine su “Volontariato e professioni dei beni culturali”.
L’Anai riconosce “il fondamentale ruolo del volontariato in tutti i campi della società civile: un atto di adesione volontaria che permette a tutti i cittadini di offrire gratuitamente la propria opera per qualsiasi finalità di utilità pubblica o ideologica. Si tratta di una espressione e di una funzione di grande valore nazionale, una virtù sociale, che concretamente agisce sulla base dei principi di solidarietà, partecipazione attiva e pluralismo”.
Se consideriamo il volontariato culturale, in particolar modo in ambito archivistico, “molti sono gli esempi positivi di collaborazione: si pensi per esempio agli interventi dei volontari per salvare il materiale documentario in seguito alle calamità naturali che hanno investito il nostro Paese, oppure al loro impiego come figure di supporto ai professionisti di settore per lavori in cui non siano richieste specifiche competenze tecniche, o attività di collaborazione, su base soprattutto territoriale, atte a valorizzare l’identità e la coesione di una comunità. Si tratta cioè di attività che non prevedono una progettazione tecnico-scientifica di intervento diretto sul bene che è base necessaria e fondamentale, ad esempio, in ogni intervento archivistico per restituire la rappresentazione di un archivio, la ricchezza delle informazioni in esso contenute come mediazione di qualità, conoscenza e riuso di dati che possono essere svolte esclusivamente da professionisti con alte competenze”.
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Emergono così due ordini di problemi: “innanzitutto quello legato all’uso di volontari altamente specializzati e sottopagati per i quali l’attività di volontariato non rappresenta una scelta volitiva, ma l’unica opportunità di lavoro e, in secondo luogo, quello dell’impiego di volontari molto spesso privi di preparazione specifica di settore, ai quali vengono affidati lavori archivistici che necessitano di alte competenze scientifiche con risultati di scarsa qualità se non addirittura dannosi”.
Volontariato e professione archivistica possono convivere, conclude l’Anai, “a patto che si affronti il nodo dell’uso dei volontari nel settore dei beni culturali con intelligenza, consapevolezza e soprattutto correttezza e rispetto per la presenza di professionisti, correttamente retribuiti, nei casi in cui gli interventi sul patrimonio culturale richiedano specifiche competenze tecniche senza ambiguità nel riconoscimento e nel rispetto dei ruoli”.