FPA, 20/06/2016 di Mariella Guercio, Associazione nazionale archivistica italiana, Sapienza Università di Roma
Depositi digitali, alla ricerca di modelli organizzativi sostenibili
Servono tavoli nazionali di coordinamento tra le istituzioni pubbliche preposte alla tutela, alla regolazione e alla ricerca e condizioni che garantiscano la continuità dei gruppi di lavoro. Non è un compito che possiamo pensare di affidare al mercato e ai suoi interlocutori, data l’assenza di una visione strategica e di standard consolidati
Il modello archivistico italiano è noto per la coerenza con cui da decenni ha definito i principi e le regole per la formazione, gestione e conservazione dei patrimoni documentari soprattutto in ambito pubblico. Non altrettanto coerente è stata tuttavia l’applicazione concreta del modello nella realtà operativa come si è avuto modo di sottolineare anche in precedenti interventi pubblicati su queste pagine. Le nuove regole tecniche e l’adozione di un nuovo Codice dell’amministrazione digitale (per ora in bozza) che ribadisce – almeno nella versione resa finora disponibile – il collegamento stretto tra formazione e conservazione dei documenti potrebbe spingere le pubbliche amministrazioni e il mercato a dedicare una maggiore attenzione al problema e alla qualità delle soluzioni organizzative e applicative. Il condizionale è tuttavia d’obbligo perché le condizioni di una inversione di tendenza richiedono consapevolezza e personale adeguato sia negli enti che nelle aziende di settore. Non è tuttavia questo il tema principale di questo intervento che invece ha l’obiettivo di mettere in luce le potenzialità e le criticità della via italiana alla ‘conservazione digitale. Merita innanzitutto ricordare gli aspetti positivi del percorso fin qui realizzato (sulla carta, ovvero nella normativa tecnica), soprattutto per quanto riguarda alcune questioni cruciali:
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