Re: Big data: nuovi strumenti e competenze
Inviato: 23/06/2018, 14:33
IlSole24Ore, Giuditta Giardini, 5 giugno 2018
A chi appartengono i cultural data?
Che cosa hanno in comune la ricostruzione 3D di Palmira, i prodotti delle new media art, le collezioni del Cultural Institute di Google, gli Object ID? L'essere “cultural data”. Dal Progetto Gutenberg, primo progetto di resa digitale di testi degli anni ‘70, alla recentissima piattaforma online, Europeana, che conta un numero pari a 51 milioni di opere digitalizzate, oggi, più di due miliardi di persone nel mondo creano “cultura digitale” semplicemente condividendo foto, video, link, scrivendo post, articoli, commenti, etc.
La digitalizzazione dei beni culturali degli ultimi 20 anni ha aperto le porte a processi di conservazione e allo studio del passato attraverso l'utilizzo di metodi computazionali già usati per i “big data”.
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L’archivio. Alla fase della produzione dei dati fa seguito quella della conservazione, anch'essa interessata dalla rivoluzione digitale che ha cambiato il modo in cui la società organizza le informazioni facilitando l'accesso al materiale sistematizzato, e l'analisi dei dati definita “cultural analytics” (Manovich, 2009). Oltre ai musei, tra i primi ad aver recepito le novità del digitale rendendo virtuali i loro cataloghi per facilitarne gestione e fruizione, sono nati archivi digitali, come Europeana, che incoraggiano produzione e utilizzo di materiale culturale digitale.
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A chi appartengono i cultural data?
Che cosa hanno in comune la ricostruzione 3D di Palmira, i prodotti delle new media art, le collezioni del Cultural Institute di Google, gli Object ID? L'essere “cultural data”. Dal Progetto Gutenberg, primo progetto di resa digitale di testi degli anni ‘70, alla recentissima piattaforma online, Europeana, che conta un numero pari a 51 milioni di opere digitalizzate, oggi, più di due miliardi di persone nel mondo creano “cultura digitale” semplicemente condividendo foto, video, link, scrivendo post, articoli, commenti, etc.
La digitalizzazione dei beni culturali degli ultimi 20 anni ha aperto le porte a processi di conservazione e allo studio del passato attraverso l'utilizzo di metodi computazionali già usati per i “big data”.
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L’archivio. Alla fase della produzione dei dati fa seguito quella della conservazione, anch'essa interessata dalla rivoluzione digitale che ha cambiato il modo in cui la società organizza le informazioni facilitando l'accesso al materiale sistematizzato, e l'analisi dei dati definita “cultural analytics” (Manovich, 2009). Oltre ai musei, tra i primi ad aver recepito le novità del digitale rendendo virtuali i loro cataloghi per facilitarne gestione e fruizione, sono nati archivi digitali, come Europeana, che incoraggiano produzione e utilizzo di materiale culturale digitale.
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