Messaggio da Archivi23 del 14/03/2009Date: Sat, 14 Mar 2009 16:16:36 +0100
From: Mariella Guercio
mc9468@mclink.itCari colleghi
l'email di Otello Pedini offre molti spunti di riflessione su una questione alquanto complessa
e delicata, che richiede tuttavia chiarezza e un po' di coraggio, fermo restando il fatto che
i problemi andrebbero risolti una volta per tutte riformando le Scuole, definendo d'intesa
con l'Universita' i percorsi formativi di specializzazione post-laurea e - se possibile -
stabilendo le regole per una soluzione transitoria nella definizione dei requisiti formativi
per i profili tecnici che si riferiscono alla nostra professione. Innanzi tutto e' bene chiarire
che l'equipollenza tra il titolo rilasciato dalla Scuola speciale del 2001 (mi riferisco al parere del
CUN) e quello rilasciato dalle Scuole d'archivio non risolve affatto il problema che da mesi si
discute sulla lista. Infatti, entrambi i titoli non sono in alcun modo considerati ne' post-laurea
ne' di livello universitario (il CUN non darebbe mai un simile riconoscimento), dato che
per l'iscrizione a entrambi i corsi e' sufficiente il diploma (nel caso della Scuola - se non ricordo male -
si prevedevano originariamente solo due anni di iscrizione all'Universita' anche senza
aver sostenuto esami ). In sostanza non sono titoli riconoscibili a livello universitario.
Per quanto riguarda il concorso, l'amministrazione dei beni culturali aveva di fatto
in alternativa una sola possibilita' rispetto a quella adottata (peraltro l'unica coerente
con i requisiti degli altri concorsi per le figure tecniche: consentire il concorso a chiunque
avesse una laurea nelle materie specifiche (specialistica di archivistica, scienze beni culturali,
vecchio ordinamento, indirizzo archivistico) e possedesse una specializzazione post-laurea
o un dottorato: in questo caso pochissimi sarebbero stati gli ammessi, con ancora maggior scandalo.
In sostanza per un concorso per il quale si prevede la laurea non e' legittimamente possibile
richiedere un titolo cui si accede con il solo diploma.
L'amministrazione ha trovato una soluzione intermedia che ha certamente prodotto sconcerto
e creato problemi con l'obiettivo tuttavia di salvaguardare il piu' possibile il titolo rilasciato
dalle proprie scuole.
E' difficile immaginare quale possa essere l'esito dei ricorsi, ma e' probabile che si disconosca
semplicemente il valore di ammissione del titolo delle Scuole.
Il punto in discussione, il piu' importante per riqualificare il profilo degli archivisti, e' tuttavia
quello di definire con chiarezza se - per fare l'archivista nel pubblico e nel privato - servono
titoli specialistici di livello universitario (laurea specialistica e dottorato o scuola
di specializzazione universitaria o simili) oppure basta un diploma di scuola superiore e due
anni di scuola negli archivi di Stato (il diploma della Scuola speciale non esiste piu' nella forma
di allora, mentre e' stata creata una scuola di specializzazione di cui tuttavia non conosco
i requisiti di ammissione in relazione a quelli molto stretti previsti dalle scuole
di specializzazione di archeologia e storia dell'arte).
E' un tema delicato che implica necessariamente una riorganizzazione adeguata e sostenibile
delle Scuole d'archivio, una integrazione con i corsi universitari esistenti (nessuno oggi
puo' pensare di avere risorse e capacita' per fare da se') e un accordo con il CUN (difficilissimo
da ottenere) per il riconoscimento di un titolo post-laurea che affianchi dottorato
e scuole di specializzazione.
Resta il fatto che l'adeguata preparazione degli archivisti richiede una formazione universitaria
di base (di diversa natura), una formazione specialistica (biennio magistrale in archivistica)
e un titolo di specializzazione in ambiti diversificati (necessario soprattutto per svolgere
compiti di coordinamento tecnico-scientifico di alto profilo, tra cui il concorso per archivista
di Stato o per insegnare all'universita' nel campo specifico) ne' piu' ne' meno di quanto avviene
negli altri profili tecnico-scientifici che operano nel settore dei beni culturali.
Altrimenti dovremo rassegnarci a dare ragione a coloro che pensano che l'esercizio del nostro
mestiere non sia cosi' impegnativo e possa essere affidato a figure generaliste.
Personalmente, penso esattamente il contrario. Ritengo inoltre che la formazione di livello
universitario (almeno nel biennio) sia indispensabile per affrontare in un contesto di ricerca
dedicata (e si spera qualificata) i molteplici nodi di una formazione impegnativa in molti
ambiti innovativi e complessi, come il recente seminario sulla conservazione digitale
in corso a Urbino (ci sara' un'altra edizione nella seconda meta' di maggio) ha dimostrato.
Allo stesso tempo, penso che la ricchezza delle nostre scuole d'archivio vada assolutamente
salvaguardata qualificandole ulteriormente e soprattutto fornendo alle istituzioni mezzi
e standard di qualita' necessari per il loro funzionamento.
Mariella Guercio