Il MondodegliArchivi, Giuseppe Mesoraca (archivista di Stato in pensione), 14/06/2019
Un ricordo di Enrica Ormanni
Enrica Ormanni era dotata di grande spirito di intraprendenza e di grande preparazione, oltre ad avere una forte carica di umanità. È stata un modello e un esempio per molti della mia generazione. Sapeva coniugare sapientemente rigore morale, capacità critica e disponibilità affettiva verso tutti i suoi collaboratori e dipendenti. La sua capacità e la sua conoscenza degli archivi le consentivano un’ampia visione della problematica relativa alla comunicazione degli archivi al grande pubblico.
Nel periodo in cui ha diretto il Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro degli Archivi di Stato, dal 1977 al 1985, ha dato impulso alla ricerca e allo studio sui pericoli a cui sono sottoposti i documenti sotto l’aspetto sia fisico che chimico e biologico, ha incrementato l’attività di restauro dei documenti cartacei e pergamenacei con i laboratori di chimica e di restauro e ha dato una forte spinta all’attività di riproduzione; non ultimo, ha avviato la sperimentazione per il trattamento informatico dei fondi archivistici.
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Nella seconda parte degli anni ‘80 fu deciso di porre fine alle sperimentazioni e ai trattamenti di singoli fondi e in full text per intraprendere la strada dell’automazione delle procedure di gestione degli archivi e di sviluppo degli aspetti della tutela mediante la creazione di banche dati centralizzate e periferiche che avrebbero acquisito gli elementi relativi allo stato giuridico, alla provenienza, alla proprietà, alla consistenza, alla ubicazione degli archivi sparsi sul territorio nazionale.
Nel 1985 Enrica Ormanni veniva chiamata all’Ufficio centrale per i beni archivistici dall’allora direttore generale, Renato Grispo, che le affidava la gestione dei progetti speciali di informatizzazione per il censimento degli archivi, finalizzata alla redazione di una «carta conoscitiva aggiornata della situazione di rischio del patrimonio», relativamente ai beni archivistici, in concomitanza con l’uscita delle nuove norme che prevedevano l’apertura delle frontiere e la libera circolazione in Europa dei beni culturali,.
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Enrica si è posto, inoltre, il problema dell’importanza della figura dell’archivista e del ruolo che avrebbe dovuto avere in una società ormai avviata sulla via dell’informatizzazione, che avrebbe modificato il tradizionale formarsi degli archivi. In qualità di presidente dell’Associazione nazionale archivistica italiana, dal 1986 al 1996, si è preoccupata della valorizzazione della figura professionale dell’archivista in seno al Ministero e ha pubblicato la rivista «Archivi per la storia», in cui ha coinvolto gli archivisti a misurarsi con le diverse tematiche attinenti al loro lavoro, promuovendo seminari sulla descrizione archivistica, sugli strumenti di ricerca e di approfondimento sulle tipologie di archivi: archivi delle scuole, archivi giudiziari etc.
Negli ultimi anni Enrica ha sperimentato e trovato un altro campo in cui esercitare la sua vitalità e diffondere le sue idee di progettualità e di innovazione, quello della scrittura. Nei due volumi pubblicati (Voci in una stanza, Firenze, Pagnini, 2015 e soprattutto in Una vita da costruire, Castellana Grotte, Planet Book, 2017) si trova la freschezza, la genuinità e la passionalità nel descrivere eventi e sentimenti molto coinvolgenti, traendo esempi dalla vita reale e dalla storia.