da Sergio P. Del Bello » 24/12/2017, 13:34
Sentenza della Cassazione, in merito ad una controversia nata per una notifica trasmessa con la PEC ad una casella di posta elettronica rivelatasi "piena".
Le indicazioni della Cassazione possono essere estese a qualsiasi situazione identica che si sia avverata nei confronti della Pubblica Amministrazione .
Particolare rilevanza assumono le indicazioni della Corte di Cassazione, Penale (Sezione III), nella sentenza 24 novembre 2017, n. 54141, la quale ha affrontato il problema di una notifica effettuata su una casella di posta elettronica “piena” con esito “mancata ricezione”, al fine di definire la sua validità giuridica e i presupposti per considerare le eventuali responsabilità del destinatario ovvero del mittente. La situazione, utilizzando i contenuti stabiliti dal giudice della nomofilachia penale, può essere estesa a qualsiasi situazione identica che si sia avverata nei confronti della PA, si pensi ad una domanda inviata via PEC per un concorso pubblico nei termini, della comunicazione di un ricorso ai fini della relativa impugnazione e quant’altro possa rientrare in ipotesi similari.
La vicenda
I difensori di due indagati ricorrono in Cassazione lamentando la mancata notifica nei termini della fissazione camerale, chiedendone per tale motivo la nullità con travolgimento del provvedimento di sequestro preventivo di una porzione di area demaniale antistante l’hotel per aver i proprietari modificato l’area soggetta a vincolo paesaggistico. Precisa, il difensore degli indagati, come le notifiche effettuate tutte tramite posta elettronica certificata furono trasmesse con esito "mancata ricezione”. Da successivi accertamenti emergeva come la "mancata ricezione", è da individuarsi nella "casella piena" del destinatario, che ciò ha comportato il rifiuto del messaggio da parte del sistema.
Le indicazioni della Suprema Corte sui messaggi inviati via PEC
La PEC è il sistema che, per espressa previsione di legge (d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68), consente di inviare e-mail con valore legale equiparato a una raccomandata con ricevuta di ritorno. Il sistema di posta certificata, grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto, non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati. Il termine "certificata" si riferisce al fatto che il gestore del servizio del mittente rilascia a costui «la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata» (art. 6, comma 1, d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, recante "Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3). Allo stesso modo, «il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all'indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna» (art. 6, comma 2), la quale, per espressa previsione normativa, «fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione».
Nel caso in cui, invece, il messaggio di posta elettronica certificata non risulti consegnabile, «il gestore comunica al mittente, entro le ventiquattro ore successive all'invio, la mancata consegna tramite un avviso secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all'articolo 17» (art. 8). In un'evenienza del genere - ossia nel caso in cui il messaggio inviato tramite PEC non risulti consegnabile - la disciplina muta a seconda della causa della mancata consegna, se, cioè, essa sia imputabile o meno al destinatario.
In attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24"), vengono disciplinati i "requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno", imponendo a costui una serie di obblighi finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di PEC e, quindi, la regolare ricezione dei messaggi di posta elettronica. In particolare, il "soggetto abilitato esterno":
a) «è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l'assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati» (comma 2);
b) «è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia» (comma 3);
c) è tenuto a munirsi di una casella di posta elettronica certificata che «deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche di cui all'articolo 34» (comma 4);
d) «è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare l'effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione» (comma 5).
Di conseguenza, la mancata consegna è imputabile al destinatario nel caso in cui costui, non si doti dei necessari strumenti informatici ovvero non ne verifichi l'efficienza.
Diversa è invece l'ipotesi in cui la notificazione non si è potuta effettuare telematicamente per causa non imputabile al destinatario; in tal caso la notificazione dovrà essere effettuata nelle forme ordinarie.
Nel caso di specie, essendo la causa imputabile al difensore, il quale non ha adempiuto all'obbligo di dotarsi di servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e di verificare l'effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione, non solo il ricorso è inammissibile, ma il ricorrente deve essere, altresì, condannato anche al pagamento di una sanzione pecuniaria.
Conclusioni
Le indicazioni della Suprema Corte appaiono sovrapponibili in tutti i casi in cui la PA possa potenzialmente essere vulnerabile nel proprio sistema di posta elettronica certificata, spettando al gestore del sistema informatico utilizzare tutte le cautele possibili onde evitare situazioni di saturazione imprevista della propria casella di posta certificata, con possibile condanna da parte dei giudici in caso di violazione degli obblighi previsti dalla legislazione sulla corretta manutenzione del sistema.
di Vincenzo Giannotti
(La Gazzetta degli Enti Locali del 20-12-2017)