Il Manifesto, Alessandro Santagata, 14/01/2020
La ricerca storica che interroga e riflette sul presenteGiurista di formazione, a lungo archivista presso l’Archivio Centrale dello Stato e, infine, docente universitario di Storia contemporanea, Claudio Pavone è stato un intellettuale fuori dall’ordinario. Sono passati tre anni da quando ci ha lasciati. Per ricordarlo, l’Istituto nazionale Ferruccio Parri aveva organizzato nel 2017 due giornate di studio, delle quali sono stati pubblicati gli atti nel volume [i]Mestiere di storico e impegno civile. Claudio Pavone e la storia contemporanea in Italia, a cura di Marcello Flores (Viella, pp. 228, euro 24).
Il libro contiene quattordici contributi di studiosi che, in tempi e luoghi diversi, sono entrati in contatto con Pavone. Come spiega Guido Crainz, l’Istituto nazionale di Milano è stato un punto di riferimento per lo storico romano che ha fatto parte del suo Consiglio direttivo, ha collaborato alla Guida degli archivi della Resistenza, e contribuito alla fondazione dell’Irsifar a Roma.
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UN VOLUME ECCEZIONALE, perché figlio della conoscenza storiografica e della sapienza archivistica dell’autore della Guida generale degli Archivi di Stato (si veda il saggio di Paola Carucci). Ma anche il risultato di un impegno civile, ripercorso puntualmente da Mariuccia Salvati. In La mia Resistenza, un pamphlet di carattere autobiografico pubblicato da Donzelli nel 2015, Pavone ha fatto luce sull’imprinting originario del suo coinvolgimento nella guerra partigiana; su quell’«aggrovigliato nodo del rapporto fra religione, socialismo e libertà» che, in forme diverse, spiega Vinzia Fiorino, continuerà a interessarlo nelle sue ricerche da storico. Per Pavone, fare storia contemporanea era anche un modo per riflettere sul presente. E, in questa luce, si possono leggere anche gli studi sul rapporto tra Resistenza e Risorgimento; sulla continuità dello Stato dal fascismo alla Repubblica, argomento di un primo saggio influenzato dalle parole d’ordine del 68; e poi sulla violenza partigiana, su cui iniziò a riflettere, non casualmente, dopo la fine della stagione della lotta armata.
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