Per l'occasione alcuni colleghi hanno pensato di inviargli un messaggio di riconoscimento per il prezioso ed importante contributo dato al lavoro archivistico in Lombardia e non solo.
Gli è stato inviato in occasione delle feste natalizie dello scorso anno 2017
Non ti sembra un po’ fuori tempo massimo?
Cosa?
Fare gli auguri a Roberto per il suo pensionamento tre mesi dopo che è uscito dalla Regione… va bene che gli archivisti lavorano sui tempi lunghi, ma stavolta è un poco esagerato.
E invece arriva proprio a proposito: domani è Natale. Così mettiamo assieme i due auguri. Del resto, non è cominciata per lui una nuova vita? E il Natale non è esattamente questo: l’inizio dell’epoca della salvezza e, per chi non ci crede, la svolta, l’inizio di un nuovo ciclo della natura? O no?
Mi pare tutto un po’ troppo barocco. Qualcosa di piu’ leggero non lo potevi trovare?
Epperche’? Roberto non è appena uscito da un incidente? Non ha appena finito la convalescenza? Adesso gli comincia la “novella storia”. Come dice il poeta..
Va ben, tegnemla insì…
Giuseppe Scarazzini, indimenticato sovrintendente agli archivi lombardi, avrebbe detto di questi tre commiati a Roberto Grassi, ormai archivista emerito, che sono due stupidade. Non avrebbe avuto torto. Sono tre modi, un poco arzigogolati in verità, per dire a un amico e compagno di strada sugli ardui tornanti della disciplina archivistica, che il suo contributo al comune percorso è stato sì importante, ma soprattutto originale e inventivo. A parere di chi scrive, Roberto è stato il miglior rappresentante di una scuola di pensiero che sostiene che gli archivi sono imprescindibili per ogni comunità, e soprattutto divertenti. Consentono cioè di di-vertire dalle tetraggini della vita costipata cui la gran parte di noi è costretta. A prendere un’altra strada. E la pianto lì per non farla troppo seriosa.
Comunque sia, lunga e felice pensione a Roberto Grassi, vün de noiolter (questa è un’aggiunta di Sergio Del Bello, noblesse oblige) .
L’Elogio del funzionario invidioso
Roberto Grassi chi? Ah, sì, quello che in Regione si curava degli archivi. Che fine ha fatto? Va in pensione? Già? Non dirlo a lui? Certo che non glielo dico. Beh, un po’ mi dispiace. Era sveglio il ragazzo. Professionalmente? Preparato, attento. Però un po’ troppo , come dire?, inventivo, creativo. E tu mi insegni che la creatività, fuori da certi limiti può essere, come dire, imbarazzante. Prendi per esempio I documenti raccontano. Bella idea, per carità. Neanche del tutto nuova, se vogliamo. Ma ci vuole un po’ di misura, santo cielo! Quel progettone con la Cariplo. Voler fare romanzi. E teatro. E didattica. Non pare anche a te, come dire?, esagerato?
L’informatizzazione in archivio? Certo certo… ma consenti: chi non avrebbe visto questo futuro, proprio mentre stava arrivando? I due programmi “Sesamo e Archimista? Ottima cosa, ma si può chiamare archimista un programma per gli archivi? Bisogna essere un po’ perversi. Perché non c’è solo il gioco di parole con alchimista: quel “mista” è rivelatore. In dialetto lombardo la “mista” era un intruglio di vino e spuma. “Archivi e Computer”? Ma c’è ancora? Non era di Roberto Cerri? E Grassi è stato uno dei fondatori? Non sapevo.
No, no, belle cose ne ha fatte, per carità. Archidata? Sì, ma mica ha fatto tutto lui. Il manuale di inventariazione? Eh, magari lo si può discutere un po’. No, no, non dico che non fosse un buon lavoro, ma insomma… certo, certo, ma il contributo di Pozzi e Savoja è stato robusto. Non che voglia togliere niente a Grassi. Le iniziative alle Stelline? Idea sua? Prevalentemente sua? Non sapevo. Buona, buona. Ma se fosse stato, come dire? un po’ più nelle righe, che gran funzionario sarebbe stato. Però insomma, alla fine debbo dire: avercene! Gli faccio tanti auguri di buona pensione. Auguri. Sinceri, eh!
Detto in poche parole…
Dapprima il gran progetto. Novantasei archivi, quasi duecento ragazzi iniziati alla disciplina.
E poi la battaglia culturale per l’informatizzazione degli archivi. Con Roberto Cerri. Con Domenico Quartieri. Con Maurizio Savoja. Con Paolo Pozzi. E tanti, tanti altri.
E poi la scrittura. I suoi quattro bei romanzi (si può dire: eccellenti?)
E poi i documenti raccontano. E convincere archivisti riottosi e timorosi a misurarsi con la scrittura narrativa. La scrittura come veicolo: della didattica, dell’apprezzamento più ampio possibile del ruolo sociale degli archivi, questi immensi depositi di storie umane.
E trovare la collaborazione di archivisti che, capito il progetto, si sono messi a scavare nei fondi. Nanni Liva, giusto per fare un esempio. E tanti, tanti altri.
E poi portare in giro i motivi, le ragioni: a Mantova nel Festival della letteratura, nei convegni sulla didattica degli archivi nelle scuole lombarde. I concorsi letterari. Il teatro. Le scuole di scrittura. Migliaia e migliaia di studenti coinvolti. E gruppi sociali diversi: giovani e meno giovani, letterati e no. Storie del passato lontano e recente: la Milano dell’Ottocento, la “città che sale”, le fabbriche, il mondo contadino. Le città: ancora Milano, Mantova, Sesto San Giovanni, Lodi. E le valli: la Val Sabbia, per esempio.
E poi i contributi scientifici, di cui sono forse il meno adatto a trattare. Ci sono stati, eccome: in manuali, saggi, articoli su riviste, su tutti “Archivi e Computer”.
E poi la collaborazione in tutt’Italia con colleghi preclari.
E poi i lavori con la Fondazione Mondadori.
E chissà cosa dimentico.
E poi, per non far notte, un profondo legame lavorativo e, perché no, affettivo con colleghi e collaboratori. Per me, così è stato.
Finiamola qua. Questo non è un coccodrillo.
Roberto, che la libertà dal lavoro ti sia felice e leggera.
Francesco Cattaneo, Sergio Primo Del Bello, Bernardino Pasinelli, Lavinia Parziale