Emergenza cultura, 04/01/2017, di Silvia Truzzi
Settis ritorna sulla questione delle Soprintendenze
Salvatore Settis, “Diamo sangue nuovo al nostro sistema culturale”
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Il Mibac sta promuovendo le aperture straordinarie dei Musei e sembra che i numeri gli diano ragione. È la direzione giusta?
Certo, tenere aperti i musei il più possibile è giusto. Ma dovrebbe valere anche per le biblioteche e gli archivi che sono parte di un sistema unico, ma che non hanno un trattamento simile. La Biblioteca universitaria di Pisa, per motivi misteriosi, è stata chiusa dopo il terremoto in Emilia. I volumi sono stati deportati a Lucca: per un numero imprecisato di anni saranno inutilizzabili. E poi: quali musei? Parliamo solo degli Uffizi? Se sì non mi va bene. Dovremmo esplorare i magazzini dei nostri musei che sono vere e proprie riserve auree da cui si potrebbero estrarre nuove opere da esporre. Sono tutte cose che si fanno, ma si fanno ancora troppo poco.
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Mancano le risorse.
Sì, ma attenzione: non solo economiche, anche umane. Il ministero ha subito una pesantissima emorragia di personale. I 500 nuovi assunti, che dovrebbero diventare operativi in questo anno, non bastano a coprire nemmeno un quarto dei pensionamenti degli ultimi anni. Ci sono tantissimi laureati in Storia dell’arte e Archeologia che devono cercare lavoro all’estero e potrebbero essere impiegati qui.
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Le Soprintentenze sono state accusate di essere la causa di ogni male, alimentando la burocrazia a dismisura e facendo lievitare i tempi d’intervento. Poco prima del referendum, Maria Elena Boschi ha detto in tv che il ministro Franceschini le sta smantellando: una vecchia idea di Renzi.
Il ministro sta attuando a rate una riforma mai annunciata nel suo insieme: l’interpretazione che ne ha dato la Boschi rischia di essere quella giusta. Le Soprintendenze sono state svuotate di personale, trasferito alle istituzioni museali a scapito della tutela del patrimonio diffuso sul territorio. Bisogna invece calibrare le risorse umane delle Soprintendenze in base ai compiti di tutela che hanno, mentre in questi anni è accaduto l’inverso. Addirittura poi con l’abolizione delle Soprintendenze archeologiche accorpate a quelle “olistiche” – parola vuota – la tutela archeologica del territorio, che richiede una presenza capillare, praticamente non esiste più.
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In Italia c’è grande confusione tra sponsorizzazione e mecenatismo, che è l’uso di capitali privati per iniziative culturali, senza profitto. Un’ottima cosa, che qui accade molto meno rispetto ad altri Paesi perché i meccanismi di defiscalizzazione sono arretrati. In Francia funziona bene perché i vantaggi fiscali ci sono anche per le micro-donazioni: il segreto è questo. Proviamo a copiarli.