AgendaDigitale, Mariella Guercio, Università Sapienza di Roma, Anai
Conservazione archivi digitali, servono competenze e controlli: ecco come
Coerenza normativa, professionisti qualificati, controlli e collaborazione tra gli enti: sono queste le sfide da affrontare per la conservazione digitale dei documenti. Lo scenario attuale infatti fa emergere tutte le difficoltà dell’ambito, soprattutto in tema di governance. Eppure, gli archivi digitali per la loro importanza sono da considerarsi infrastrutture critiche – basti pensare che la perdita dei contenuti può mettere a rischio le organizzazioni del Paese. Di seguito dunque analizziamo la situazione.
Indice degli argomenti
Archivi digitali, tutti i problemi
Il bisogno di skill interdisciplinari
Un nuovo modello di collaborazione tra istituzioni
I controlli di qualità
Conclusione
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Il modello che abbiamo coltivato in questi decenni – completato solo recentemente dall’obbligo, reso esplicito nell’ultimo correttivo del Codice dell’amministrazione digitale dall’art. 44 c. 1-bis, di provvedere almeno una volta l’anno alla trasmissione nel sistema di conservazione dei fascicoli e delle serie documentarie “anche relative a procedimenti non conclusi” – ha funzionato senza costi insostenibili solo perché le PA si sono ben guardate dall’affidare alla conservazione a norma la documentazione corrente. Nella stragrande maggioranza dei casi hanno utilizzato il servizio solo per pochissime tipologie documentarie informatiche (il registro di protocollo e le fatture, in qualche caso le deliberazioni e i contratti). Per il resto (inclusi i documenti trasmessi al sistema di conservazione interno o in outsourcing) hanno continuato a mantenere esclusivamente nelle piattaforma di gestione documentale non solo i documenti che fanno parte dell’archivio corrente, ma anche la documentazione che da tempo avrebbe dovuto essere trasferita (e non semplicemente duplicata) nell’archivio di deposito. In che cosa consista l’archivio di deposito in un contesto digitale non è peraltro chiaro né al legislatore né a chi sviluppa gli applicativi che, infatti, non includono quasi mai funzioni specifiche per gestire le sedimentazioni, lo scarto, la ricerca e che, quindi, da tempo mostrano segni evidenti di inadeguatezza con conseguenze gravi sui patrimoni informativi, soprattutto perché i processi in atto di trasformazione digitale dei patrimoni documentari delle pubbliche amministrazioni e dei privati sono ormai pervasivi.
Peraltro, anche la qualità nella formazione degli archivi digitali (in ambito pubblico e privato) lascia molto a desiderare come ben sa chi frequenta, a vario titolo, i sistemi documentari delle amministrazioni italiane, caratterizzati dalla scarsa qualità degli strumenti di classificazione e dalla mancata formazione dei fascicoli digitali. Utilizzo di versioni sbagliate, ore di lavoro dedicate alla ricerca di documenti registrati ma non fascicolati, perdita della localizzazione dell’originale analogico digitalizzato (drammatica se non si sono formate copie conformi) sono all’ordine del giorno e hanno conseguenze pesanti sulla vita dei cittadini e delle istituzioni medesime.
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Conclusione
Quindi è indispensabile, anzi urgente, che – nel momento in cui il nuovo Governo crea addirittura un Dipartimento per la trasformazione digitale – i tanti processi avviati in questa direzione siano affrontati con coerenza e, quindi, attraverso una collaborazione strategica tra le istituzioni di riferimento (Agid, Dipartimento per la trasformazione digitale, amministrazione archivistica).
In caso contrario, i limiti qui ricordati sono destinati a produrre esiti catastrofici sulle nostre memorie archivistiche, nonostante l’aggiornamento continuo della normativa tecnica e gli sforzi costanti di chi esercita con cura e attenzione i propri compiti quotidiani di gestione o di tutela.